Amo la filosofia perché essa è senza fondamento, nel senso che non è legata a niente. Cos’è che a niente è legato? La libertà. Ma non essere legato a niente non vuol dire essere senza legami, significa scegliere liberamente cosa legare a sé stessi. La libertà non è l’assenza di legami, quello è il caos. Tutto è per sua natura caotica. Scegliere il caos significa lasciare le cose come stanno: alquanto pigro no? Dov’è l’uomo in mezzo al caos? E’ quello che si staglia in questo caos senza per questo illudersi di dominarlo. La libertà è quindi un movimento responsabile, perché è difficile non perdere sé stessi nel caos. Questo “sé stessi” non è l’individuo, o meglio lo è, ma non nel senso che piace al Mercato, bensì nel suo senso autentico: come espansione che coinvolge ciò che sta al di fuori della propria pelle. Per esempio si può scegliere sé stessi scegliendo gli altri, come quando si ama, e ciò fa stare bene sé stessi. Scegliere di trasformare ciò che ci circonda è un atto libero, e ciò investe sempre il sé perché non siamo staccati dal mondo, vi apparteniamo e lo componiamo. La libertà sta nel mantenere questo gioco tra il legarsi senza essere legati e il movimento libero senza che esso equivalga al caos: uno stagliarsi sul caos. Amare il pensiero è amare un movimento sempre libero e insieme ordinato, legarsi a questo movimento, facendo di questo legame ciò che si ama. Badiamo bene: la libertà è quindi senza fondamento. Filein-Sofia è l’amore per il pensiero quando esso conosce, liberamente, per scelta.
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Ma quale trasformazione culturale
Tra la prima metà del XIX e a tutto il XX secolo sono state scritte tonnellate di pagine sulle dinamiche sociali, il modo in cui noi ci vediamo, il modo in cui vogliamo mostrarci, il modo in cui condividiamo le nostre esperienze. La condivisione delle proprie esperienze è uno dei modi più elementari per rendere reale ciò che si è vissuto. Poi è arrivato il web, e pare che le cose siano radicalmente cambiate. Apparenza. E’ solo una questione di mezzo, di tecnica, di strumenti con i quali lo scopo non cambia. A dirla tutta, il fatto che questi mezzi stiano cambiando il nostro comportamento, è una vecchia questione iniziata molto prima, con chi rifletteva sulla tecnica già nel 1929. Perciò diffidate dalle letture superficialmente critiche sulla superficialità di facebook e simili. Sono mezzi. Se proprio si vuol capire cosa stia accadendo, Max Weber e la scienza psicoanalitica del ‘900 vanno più che bene. Anzi, credo che facebook, più di ogni altro, ironizzi sul nostro esibizionismo che, negli ultimi 10 secoli, non è cambiato di una virgola. E questa non è una critica.
Eroe?
Non mi piace la retorica populistica dietro la telefonata tra De Falco e Schettino. Non chiamiamo eroe uno che fa semplicemente il suo dovere, la sua professione. L’eroe è tutt’altro che un uomo che sveglia e riprende un uomo paralizzato dalla paura e dall’incompetenza. L’eroe è un folle, perché mette a repentaglio la sua vita e poco si cura di sé stesso. Allora come dovremmo chiamare chi compie un atto straordinario, come quelli che sottobordo hanno recuperato sopravvissuti e cadaveri, superuomini? Gli italiani sono esausti dopo anni di idolatria di un uomo mediocre. Così la fermezza e la lucidità di un professionista viene scambiata per eroismo, e la normalità di una telefonata in un momento di grande tensione viene scambiata per qualcosa di straordinario.
It’s business baby!
Diciamolo subito, chiaro e tondo: la crociera è un grosso business. E dove girano molti soldi l’etica vacilla. Incrociando le testimonianze confuse dei passeggeri con le conversazioni tra Schettino e la Capitaneria di Porto, emerge la figura di un comandante molto preoccupato delle personali conseguenze legali per un incidente di queste proporzioni, piuttosto che dell’immediato: fare il comandante di una nave che affonda.
Quanto guadagna un comandante di una nave da crociera da 4mila passeggeri? Non ne ho la più pallida idea. E non è questo il problema. Il problema è quando diventa l’unico criterio per cui si sceglie un mestiere del genere.
Fermi tutti!
Napoli: una città ferma. Hai voglia di parlare di criminalità, isteria dei passanti, traffico caotico. Fateci caso, tutte queste cose che ho elencato, con le opportune differenze, appartengono a città che hanno un dinamismo e una ricchezza imparagonabile alla mia: Shanghai, Pechino, Londra, New York negli anni ‘80. La criminalità in Italia fattura (in nero) migliaia di miliardi di euro. Loro non stanno certo fermi. Il problema è che tutti gli “altri”, quelli che non accettano compromessi e che lavorano per la loro professione, sono fermi. E’ fermo il mercato del lavoro, è fermo il cervello che non ha scatti di orgoglio. La selezione del personale basata sulle conoscenze e non sui curricula è una scelta lucida che ha i suoi vantaggi. Ma quanto ne vale la pena? Siamo fermi. Questa è la verità.
“Occorre che tutte le forze politiche sappiano agire con senso di responsabilità e formulare proposte in grado di conciliare il rigore imposto dalla necessità di ridurre il debito pubblico e di promuovere la crescita con l’esigenza di distribuire egualmente i sacrifici tutelando i ceti in maggiore difficoltà” ha detto Napolitano senza mai prendere fiato
sono giorni che sul sito del mio giornale pubblico un sacco di notizie su convegni, forum, congressi, tavole rotonde. sapeste quanto vanno forte i protocolli di intesa, i seminari, i concorsi, gli eventi “dedicati a”. chiacchiere. chiacchiere. chiacchiere. chiacchiere e distintivo. chiacchiere e distintivi. chiacchiere e distintivo
Isola felice
Da napoletano ho un rapporto strano con l’autorità. Ogni volta che ho di fronte a me un uomo in divisa provo un sentimento di profondo rispetto. Mi riferisco al singolo uomo, quello con cui puoi parlare, con cui puoi stare in un contesto che non è quello, per esempio, di una manifestazione o di un posto di blocco.
Stasera ero a una cena di lavoro. Seduto affianco a me c’era un uomo della capitaneria di porto. Sarà che aveva la mia stessa età, che la divisa del marinaio è bella, ma anche lì quel sentimento ha fatto capolino. All’inizio ho pensato: “Irrazionale, tutto questo non ha senso”. Poi ci ho pensato e una spiegazione me la sono data.
Il rispetto non è per la divisa, l’Arma. Questo sì che sarebbe irrazionale. Che cosa astratta! Il rispetto è per l’uomo, per la scelta che ha fatto: quella di sottostare a delle regole. Credo sia questo a generare in me questo sentimento. Napoli è una città decadente. Non date retta a chi dice che è una città anarchica, senza legge. Quando avete di fronte una persona che afferma queste cose chiedetegli di dov’è: se non vive a Napoli è giustificata, se vive qui purtroppo è un superficiale. Napoli è una città piena di regole. C’è la regola per parcheggiare il motorino, quella per guidare. C’è la legge della strada, quella del condominio. La regola per fare la spesa, per ritirare dal bancomat. Il problema non è l’assenza di regole, ma il disinteresse totale per quelle astratte, spersonificate, che non hanno autore, che vanno seguite indipendentemente da chi le stabilisce, che vanno seguite in se stesse, in quanto regole. Ebbene, la visione di un’uomo che ha scelto la divisa per mille motivi che non conoscerò mai, e che non sa neanche lui, è un’isola felice.
Un tunnel di 732 chilometri collegherà Sucate a tutte le agenzie stampa del ministero dell’Istruzione
Che carini questi neutrini. Vero Gelmini?