La rivoluzione del web ai tempi del mercato

Uno degli elementi caratteristici del mercato è la sua capacità di totalizzare. Che significa? Significa che qualunque cosa il mercato abbia a che fare, anche un elemento antagonista, entra nel suo sistema. Qual è il suo sistema? Semplicemente la merce. La totalizzazione del mercato è quindi la mercificazione di tutto, anche di chi si oppone ad esso. Slavoj Zizek spiega molto bene questo concetto in un divertente video estratto da un suo libro. L’esempio più eclatante, spiega il pop-filosofo sloveno, è nelle multinazionali che pubblicizzano i loro prodotti “equi e solidali”. Starbucks afferma che il suo caffé proviene da agricoltori autonomi e non sfruttati. Sarà pure vero, ma ciò non toglie che l’industrializzazione resta, con tutto lo sfruttamento delle risorse e il plusvalore dei profitti alla sua base. In una parola il capitalismo, in un’altra, mercato. Cosa succede dal punto di vista del consumatore? Egli compra quella merce, partecipando all’ingranaggio produttivo capitalistico, e nello stesso tempo acquista (mai termine più azzeccato in questo caso) la redenzione da quello stesso sistema. E il gioco è fatto, il circolo si chiude. Un’ambivalenza totalizzante. 

Una novità disarmante che mostra ancora una volta la potenza totalizzante del mercato è che ormai anche i motori di ricerca sono stati inglobati e totalizzati dal mercato. Gli effetti possiamo vederli facilmente. Scrivete sul motore di ricerca qualunque termine e vedrete che nella prima pagina dei risultati i negozi online vanno per la maggiore. Questo fenomeno ci dice due cose. La prima è che i motori di ricerca sono contenitori il cui contenuto è il frutto di una selezione fatta dagli stessi motori di ricerca, sulla base di criteri più o meno affidabili. Ora, se il mondo gira intorno al mercato anche questi motori di ricerca faranno altrettanto. Verrebbe da dire: “Ovvio!”. Ma se si afferma questo allora non c’è niente da dire: il mercato totalizza davvero. Non dovrebbe essere ovvio. Dare per scontata l’onnipresenza del mercato è la dimostrazione lampante della sua potenza totalizzante. Il secondo aspetto è che il mercato ironizza cinicamente sulle messianiche aspettative del web, e ci mostra come esso sia un contenitore, non un contenuto. Un luogo neutrale la cui funzione è relativa al suo uso. Se l’umanità sparisse all’istante il web non sparirebbe, soltanto sarebbe un contenitore vuoto. Ci sono tante aspettative mirabolanti sul web ma il suo valore sarà sempre, come per tutti gli strumenti, nell’uso che se ne fa. E il marketing online ci insegna come esso sia solo un mezzo come un altro, lo stesso mezzo che ha permesso una diffusione impressionante delle informazioni, mai accaduta prima per quantità e facilità di accesso ad esse. Qui sta la rivoluzione culturale, di cui il web è solo il mezzo di questo grosso cambiamento, non il cambiamento. Saranno sempre le notizie a determinare la qualità di questa diffusione: informazioni costituite da notizie, fatti, e minchiate. Il web quindi non ha in sé niente di rivoluzionario. 

In conclusione cosa si può dire. Che i motori di ricerca stanno diventando sempre più una specie di succursale del mercato, una ipervetrina di una galleria commerciale stracolma di megastore. E’ probabile che col tempo saranno visti con sempre maggior diffidenza se i criteri di indicizzazione premiano i siti di online marketing. Chissà, forse tra qualche anno inizieranno a sorgere altri motori di ricerca “alternativi”, con criteri di indicizzazione che escluderanno a prescindere i negozi online, oppure basati sulla qualità del testo e non sulla qualità dell’ipertesto. Però prima bisogna fare i conti con l’effetto primario della totalizzazione del mercato: il mercato-mondo. Un mercato che si identifica col mondo e un mondo che si identifica col mercato. E se il web riflette l’andamento del mondo il web sarà sempre totalizzato dal mercato. 

Il mio rapporto con i tulipani è sostanzialmente lynciano, mi fanno schifo. Pensateci: non sono una specie di vagina dentata che minaccia di inghiottirti? Secondo me tutti i fiori sono fondamentalmente ripugnanti. Dico io, ma la gente si rende conto di quanto sono orribili i fiori? Praticamente è un invito aperto a tutti gli insetti: “vieni a fottermi” no? Sono convinto che i fiori andrebbero proibiti ai bambini

La banalità poco raccontata

Nella banalità del male non è il male a essere banale ma il malvagio. E’ una differenza importante. Per capire cosa sia questo malvagio l’ingenuo dei cartoni animati può essere istruttivo. Come ci insegna la psicologia applicata al cinema, il mondo dei Looney Tunes è pre-edipico: «[i soggetti dei cartoni animati] non conoscono la morte, non conoscono neppure la sessualità, la sofferenza, inseguono semplicemente le loro velleità orali, egotistiche, come gatti e topi dei cartoni animati. Li fai a pezzi e loro si ricompongono. Non c’è finitezza, non c’è mortalità. C’è il male, ma è un male ingenuo, buono. Sei semplicemente egotista: vuoi mangiare, vuoi colpire l’altro. Non esiste una colpa vera e propria» (Slavoj Žižek). I desideri sono quelli infantili, precedenti ogni istinto libidinoso. Attenzione però, questa dimensione non è innocente perché pre-edipica (i bambini sanno essere molto crudeli d’altronde) ma perché non c’è finitezza. Le azioni non hanno ripercussioni realistiche, se le avessero Willy il Coyote dovrebbe esser già morto da un pezzo sotto i massi che tenta di lanciare contro beep beep e che puntualmente gli cadono addosso. L’ingenuità del cartone animato è data dalla sua mancanza di finitezza, non da un’ingenuità propria dei personaggi. Se vivessi in un mondo in cui non si muore farei cadere un sacco di pianoforti in testa agli amici anche se, in un mondo reale dove vivi senza morire, scherzi del genere non avrebbero lo stesso effetto che in un cartone. Il cattivo animato è ingenuo e la sua pericolosità si limita a quella di un innocuo rompiscatole in un mondo senza finitezza. Ma cosa succederebbe se Gargamella entrasse nel mondo reale? O meglio, se centinaia di migliaia di Gargamella, Willy il Coyote e Tom lavorassero al servizio di uno stato totalitario? Avremmo tanti Adolf Eichmann? Non credo. C’è una bella differenza tra lui e Gargamella. Primo, Gargamella sapeva quello che faceva, Eichmann no. Un Gargamella SS si fermerebbe e direbbe “Hey! Le regole sono cambiate! Non faccio del male alle persone!”. Eichmann non si rendeva conto delle terrificanti conseguenze delle sue azioni, non si immedesimava nei deportati e confidava nell’opinione di gente più istruita di lui. Così non sono i cattivoni dei cartoni ad essere ingenui, banali, ma Eichmann e tutti gli altri burocrati come lui. Ingenui carnefici inconsapevoli che agivano senza riflettere davvero su cosa stessero facendo non potendone vedere direttamente, da burocrati quali erano, gli effetti. In realtà questo confronto tra cattivoni animati e cattivi reali non porta da nessuna parte. Non c’è storia. Gargamella vince: è molto più intelligente di Eichmann. La tragedia è che Gargamella e gli altri come lui non esistono e incarnano una figura presente da sempre da che si raccontano storie. Invece il mediocre Eichmann e tanti altri come lui sono sempre esistiti e purtroppo vengono raramente raccontati nella loro verità come banali individui, mentre sono più spesso rappresentati come poco realistici mostri assetati di sangue. Non bisogna essere necessariamente demoni o nazisti per incarnare il male. Non è un caso che l’adesione di Eichmann al nazionalsocialismo è stata, come racconta la Arendt, senza convinzione, su consiglio di un amico (una modalità di partecipazione non molto diversa da quella di molti miei coetanei che scelgono l’Arma e l’Esercito come alternativa ad un lavoro precario o alla disoccupazione). Non bisogna essere scaltri e intelligenti per contribuire inconsapevolmente al proprio sprofondamento, è sufficiente essere ingenui e senza appassionate aspirazioni. Non importa quale periodo storico sia, nazionalsocialista europeo della prima metà del novecento o populista italiano a cavallo tra il XX e il XI secolo. E’ sempre l’ingenuità quella di cui una lobby/classe politica ha bisogno al suo fianco per comandare. Purtroppo questi servi ingenui non sono dei Sir Biss, ma tanti Gasparri: buffi, squallidi, ignoranti, sfigati e potentissimi aiutanti del boss. Certo è alquanto semplicistico appiattire Eichmann su Gasparri, senza contare che il primo è un genio a confronto del secondo. Purtroppo questi due personaggi hanno molte cose in comune, a cominciare dalla mancanza di una consapevolezza critica. E così un nazista può essere Arendtianamente banale quanto un berlusconiano, la sostanziale differenza la fa la storia. Allora mi domando: se il Giorno della Memoria è importante “per non dimenticare”, per scongiurare la possibilità di un “ritorno delle cose”, perché non istituire anche un “Giorno della Banalità” con cui ricordare gli imbecilli, gli inconsapevoli, gli ingenui, i banali uomini di potere così da esorcizzarli nella loro verità