Certo, almeno nel linguaggio, Nichi Vendola è l’unico politico “fresco” della sinistra. Ad esempio adopera varianti come “racconto berlusconiano” invece del consueto “berlusconi”. Può sembrar poco ma è un bel passo avanti

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Sassi, riflettendo sugli aspetti negativi e positivi del “lancio del duomo”

Il 30 aprile del 1993, verso le otto di sera, mentre usciva dall’hotel Raphael di Roma, Bettino Craxi fu inondato di monetine lanciate da una piccola folla che lo attendeva fuori l’albergo. Si era appena salvato dai magistrati perché la camera aveva negato l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti.

Cosa centra questo con il souvenir lanciato in faccia a Berlusconi? Molto poco, a cominciare dal luogo in cui i due leader politici si trovavano. Fuori da un albergo con una folla inferocita per Craxi, subito dopo un comizio con una folla di fan per Berlusconi. Eppure ci sarebbe molto su cui riflettere mettendo a confronto queste due situazioni. L’unica cosa che posso dire è che sono passati circa 15 anni, e mi sembra di vedere due cose completamente diverse. Due popoli diversi, due opinioni pubbliche di due distinti Paesi. Mi domando: ma oggi sarebbe possibile contestare Berlusconi con un lancio di reggiseni? Non credo. Sarebbe una festa, ma nel 1993 avrebbe espresso una nausea. Sono nauseato. Nauseato dalle tette, dai culi, dalle fighe, dai sorrisi, dalle battute squallide, dai ragionamenti semplificati. Ma da quando esiste il mondo tira più un pelo di…lo sappiamo bene! Non l’ha scoperto Berlusconi. Egli ha sublimato questo istinto, l’ha trasvalutato. L’ha trasformato in ragionamento, concetto, teorema, opinione, politica. Ha reso complesso un elemento semplice (la Carfagna sarà pure un deputato ma resta una figa che parla). E semplificato tutto il resto. Non c’è bisogno di essere interessati (alla politica), basta la figa! E se non ce l’hai, fanne il tuo motto! 16 anni di questo tam tam (più di venti nel tubo catodico) ci hanno distrutto, hanno incenerito l’opinione pubblica: l’hanno semplificata. Non si informa più. Non è interessata. Per questo lanciare oggi reggiseni in faccia al premier non sarebbe una contestazione. Per questo oggi sarebbe impossibile lanciargli monetine. Per questo oggi abbiamo Michele Tartaglia, e non sono contento.

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Ogni frase di “Silvio”, come lo chiamano loro, campeggia sui giornali di destra come un editto reale. Se dice “no alle elezioni”, non ci saranno elezioni. Se dice “voglio le elezioni”, ci saranno le elezioni. Dicesse “giovedì gnocchi”, allora sono gnocchi per tutti. Il resto, per la sua corte entusiasta, è appena un riverbero insulso, Parlamento e partiti, alleati e avversari, un borbottio vano e ridicolo, estreme ombre del passato che svaniscono nella luce abbagliante del Nuovo Regno. Conciati come siamo, potremmo anche dismettere (insieme a tante altre cose) le nostre idee repubblicane. A patto, però, che lo scambio sia, se non vantaggioso, per lo meno proponibile: e cioè che il re abbia portamento, prestigioe classe da re, non dico alla Juan Carlos, che sarebbe il massimo, ma almeno al livello di un ramo Savoia dei meno deteriorati, tipo gli Aosta. Uno che, per esempio, quando consegna i bilocali ai terremotati non sembri un agente immobiliare (“prestigiose soluzioni a dieci minuti dal centro”), ma appunto un monarca vero, al tempo stesso regale e sobrio, composto come un aristocratico e semplice come un uomo del popolo: un re, insomma. Noi di sinistra siamo troppo snob (si sa) per sottomettercia un re senza gli opportuni requisiti. E cambi parrucchiere, maledizione. – MICHELE SERRA

from l’amaca di Michele Serra