Se la televisione è come dicono, com’è innegabile, l’invenzione più importante della modernità, quella che ha annullato le distanze, i tempi, le scritture, i meridiani, e unificato il mondo con la sua lanterna magica, se nella società odierna esiste, si conta solo se si compare in televisione, se il controllo della televisione vale più del controllo dell’oro e delle armi, se essa è decisiva, insostituibile, se riassume e rappresenta la nostra civiltà, vogliamo, per favore, dirci qual è il suo livello intellettuale, quale alimento intellettuale ci fornisce quotidianamente?

Giorgio Bocca, Grazie no, 7 idee che non dobbiamo più accettare, p. 83, Feltrinelli.

Che fa in tivù?

Nel dibattito sulla mancanza di identità nella sinistra italiana, sulla sua “assenza”, ci si dimentica spesso di una cosa apparentemente marginale: il regime politico di tipo televisivo. La politica nel nostro paese esiste attraverso la televisione, si esprime attraverso la televisione e il suo linguaggio è di tipo televisivo. Se a questo tipo di regime si aggiunge il monopolio la situazione si complica ancora di più. E’ il monopolio televisivo, più del regime, l’aspetto che determina negativamente la qualità dell’informazione e dei contenuti politici. Si dice che la sinistra non ha un’identità, ma se il luogo in cui dovrebbe esprimere questa sua labilità è uno solo ed è attualmente occupato, inaccessibile, il risvolto è drammatico. Credo che la domanda dov’è la sinistra diventi una falsa questione nel momento in cui si restituisce alla politica un luogo adatto per esprimersi. Così la questione sull’identità della sinistra diventa un’altra più urgente: la politica che esprime se stessa unicamente attraverso la televisione.

amev