Bisogna riconoscere che nella nostra “epoca scientifica” la superstizione non è stata né vinta, né superata, né accantonata: ci si è limitati a tradurla in un altro linguaggio, che imita la scienza propriamente detta solo nel rituale, nel ritmo o nell’atteggiamento esteriore. Così come il ditirambo, in Platone, può ancora esser detto μíμησις τής πράξεως solo “per la mossa”. Nell’età della ragione – che secondo Comte è quella della scienza – la superstizione non è più, in primo luogo, quella religiosa; ma è invece proprio quella scientifica o, meglio, pseudo-scientifica; la quale è propria di coloro che della scienza non sanno nulla, all’infuori di ciò che se ne può ricavare per imitazione “ditirambica”
Enzo Melandri, La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sull’analogia, Quodlibet, Macerata 2004, pp. 144-145.