La massa non c’è più

La parola massmedia sembra appartenere ormai a un’altra epoca. I tempi della tecnologia pesante. Il tubo catodico, la radio truetone, il videoregistratore, il mangiacassette. Più massa c’era, più tecnologia trovavi. Si parla di media ora, senza massa. Apparecchi che hanno perso non solo (la parola) massa, ma consistenza. Erano sorgenti da cui uscivano informazioni, suoni, immagini. Racchiudevano un tesoro. Erano bauli (il truetone), stanze (il cinegiornale, il salotto dove si riuniva la famiglia). Col tempo hanno smesso di essere un compatto crogiolo di apparecchi (tv+radio+telefono+salotto+famiglia) che strutturava una rete. Quando muori il mondo continua a girare. Gli ambientalisti rimproverano la generazione del dopoguerra di non aver dato peso a questa tautologia. Si potrebbe dire che il web sta diventando una tautologia. Ormai è sempre qui e ora, tra noi, come la realtà. L’information overload è un modo minaccioso per dire che tutto è più complesso. Prima le informazioni ci circondavano, spegnevi il televisore e stop. Ora le abitiamo. Gli apparecchi telematici hanno smesso di essere bauli e sono diventati finestre, orifizi. Buchi. Si sono moltiplicati, spezzettati, disseminati. Sono sparsi e confusi. Ora ognuno porta sempre con sé un pezzetto di media. Non deve andare a casa ad accendere la televisione se vuole vedere. Non ha solo il telefono per parlare. Non deve accendere per forza la radio per ascoltare. La massa non c’è più.

«Uno scienziato svizzero molto rispettato, Conrad Gessner, è stato probabilmente il primo a lanciare l’allarme sugli effetti dell’information overload», racconta Vaughan Bell. In un suo libro, Gessner descrive bene come il mondo moderno sia capace di schiacciare la gente con il peso delle informazioni e spiega come questa sovrabbondanza sia dannosa per la mente e generi confusione. «Eppure Gessner non ha mai usato l’email ed era completamente ignorante in tema di computer. Questo non perchè fosse un tecnofobo, ma perchè morì nel 1565. Il suo allarme si riferiva all’inimmaginabile flusso di informazioni che sarebbe derivato dalla diffusione della stampa».