Il mio analista dice che la fine della mia adolescenza sta iniziando adesso. «La vostra generazione diventa adulta a trent’anni, è tutto spostato di dieci anni».
Michele Rech, alias Zero Calcare, ha confermato lo stesso concetto poco fa da Fazio a Che tempo che fa. «Dai quattordici fino ai trent’anni ho fatto più o meno sempre la stessa vita», per poi correggersi in un «dai diciotto in poi, dopo la scuola». Lapsus rivelatore: l’università, la scuola che dovrebbe insegnarti a vivere da adulto, è più o meno una scuola superiore solo più seria.
Ho un’insofferenza personale verso il personaggio alter-ego di Michele Zero Rech Calcare. Quella sua ironia da studente fuorisede, quella maschera da maschio infantile-passivo aò fozza roma te parlo de temi seri tipo la guera l’amore la crescita ma numme chiede nniente so popolare mio malgrado nun so fa nniente solo disegnà. Tutta sta falsa modestia. Stizza, come stizza lo studente fuorisede che dà addosso al prof mortacci sua c’ho l’ultimo treno per Caserta alle 12.
Non riesco proprio ad accettare la cosa. «Non siamo tutti studenti fuorisede!» mi dico davanti a una striscia di Michele Rech. Non c’è niente di divertente in un irresponsabile, disilluso, spassionato emo con la barba.
Già. Un’insofferenza a pelle. Generazionale.