«Corrispondentemente alla disposizione complessiva della storia dell’uomo sulla terra, il carattere tecnico-industriale avviato da circa un secolo e mezzo contribuirà a determinare l’ulteriore destino della scienza odierna. Il contenuto semantico della parola “scienza” si svilupperà quindi in questa direzione che lo porta ad identificarsi con il concetto francese di science, termine con il quale si intendono le discipline matematico-tecniche. Già oggi i grandi rami dell’industria e lo stato maggiore generale sono molto meglio “informati” delle “università” sulle necessità “scientifiche” […].
Le cosiddette “scienze dello spirito” però non si svilupperanno a ritroso fino a diventare una componente delle “belle arti” di un tempo, ma si trasformeranno in uno strumento di educazione “politico-ideologica” […].
A differenza della “scienza”, in filosofia le cose stanno in modo del tutto diverso. Dicendo qui “filosofia” si intende soltanto l’opera dei grandi pensatori. Questa, anche nel modo di comunicare, ha i suoi tempi e le sue leggi. La fretta di pubblicare e la paura di arrivare troppo tardi vengono qui a cascare già per la ragione che dell’essenza di ogni genuina filosofia fa parte l’essere necessariamente fraintesa dai suoi contemporanei. Perfino nei confronti di se stesso il filosofo deve cessare di essere un proprio contemporaneo […], ancora oggi noi dobbiamo durare fatica per capire ad esempio la filosofia di Kant nel suo contenuto essenziale […]. Anche Nietzsche non pretende di essere capito in modo compiuto, ma vuole avviare un cambiamento dello stato d’animo fondamentale, vuole trasformare i suoi contemporanei soltanto in padri e antenati di quello che deve venire».
1937
Martin Heidegger, Nietzsche, Adeplhi, Milano 2005, pp. 227-228.