Supponete, dice Kant, che per mettere un freno agli eccessi di un lussurioso si realizzi la situazione seguente. C’è, in una camera, una signora verso cui lo portano momentaneamente i suoi desideri. Gli si lascia la libertà di entrare nella camera per soddisfare il suo desiderio, o il suo bisogno, ma alla porta d’uscita c’è la forca a cui sarà impiccato. Ma non è tutto qui, non è questo il fondamento della moralità di Kant. Vedrete dove sta la forza della dimostrazione. Per Kant non fa una grinza che la forca rappresenti un’inibizione sufficiente: è escluso che un individuo possa andare a fottere pensando che all’uscita lo aspetta la forca. Poi, stessa situazione per quanto riguarda l’esito tragico, ma abbiamo un tiranno che offre a qualcuno la scelta tra la forca e il suo favore, a condizione che faccia una falsa testimonianza contro un amico […]. Seguendolo su questo terreno, c’è tuttavia una cosa che sembra sfuggirgli: è che dopotutto non è escluso che, a certe condizioni, il soggetto della prima scena, non dico che si offra al supplizio, ma che possa prendere in considerazione l’eventualità di offrirsi a esso […]. Il nostro filosofo di Königsberg, questo simpatico personaggio, non sembra affatto considerare quella che Freud chiamerebbe sublimazione dell’oggetto […]. Kant, dunque, non sembra affatto considerare che in certe condizioni di sublimazione quell’oltrepassamento sia concepibile, tanto che si può dire che non è affatto impossibile che un signore vada a letto con una donna essendo sicuro di essere sgozzato all’uscita, dalla forca o da qualcos’altro, non è affatto impossibile che questo signore consideri freddamente quella fine che lo aspetta all’uscita, solo per il piacere di tagliare a pezzi la signora, per esempio.
Jacques Lacan, Il seminario VII, l’etica della psicoanalisi, Einaudi, Torino 2008, pp. 130-131.