Nelle dimissioni del Papa l’alterazione del concetto di tempo

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Il tempo, checchenedica Einstein, è una di quelle poche cose perfettamente prevedibili. Mi riferisco alla freccia, simbolo per antonomasia del tempo. Essa va avanti ma mai indietro, né più veloce né più lenta. E’ inalterabile. A meno che, come immagina Stephen Hawking, l’universo non inizi a contrarsi, e inizieremmo allora a vedere caduti erano dove da tavolo sul tornare per ricompongono si che bicchieri (leggetela al contrario). Ma in entrambi i casi, che la freccia vada in avanti o indietro, che la frase scritta poc’anzi abbia senso o meno, si tratta sempre di qualcosa di inesorabile, e per questo perfettamente prevedibile. In pratica il tempo non si ferma e non rallenta, checchenedicano gli artisti. Per esempio, se ora sono le 15.42 dell’11 febbraio 2013, posso dire con estrema certezza che tra 24 ore esatte saranno le 15.42 del 12 febbraio 2013. Ancora di più: tra 2556 giorni sarà il 13 febbraio 2017. Il tempo mette al centro non tanto i numeri, dominio della matematica, quanto l’ineluttabilità. Come la morte. Heidegger, l’ultimo filosofo di cui abbiamo notizia, dava così tanta importanza al tempo da farci un’ontologia, legandolo al concetto stesso di essere.

Benedetto XVI si dimetterà, o meglio, per essere più precisi, visto che siamo di fronte ad una carica d’altri tempi, abdicherà diventando non solo uno dei papi più vecchi ma anche tra i meno longevi della storia (tranquilli, Papa Urbano VII resta imbattibile). Dice che è troppo vecchio…si certo, troppo vecchio. A chi la dai a bere vecchio (senza offesa per Sua Magnificenza, è stesso lui ad aver appena detto che è vecchio)! Mi domando, ragionando come prima sul tempo, possibile che solo lui non sapeva che quando il 19 aprile 2005 fu eletto oggi avrebbe avuto 85 anni? Se davvero non aveva idea di quanti anni avrebbe avuto oggi, ci sarà sicuramente qualcuno pagato a suon di rosari che glielo ricordi.

Allora due sono le cose: o nel Vaticano il tempo è tutta un’altra cosa da quel concetto di freccia al quale tutto l’universo è legato -magari proprio quel tempo messianico di Cristo che annunciava duemila anni fa e un po’ frettolosamente l’imminenza del Regno di Dio sulla terra – oppure i motivi di questa lecita rinuncia sono bel altri. Certo, fu proprio un Papa a mettere mano al calendario che usiamo tutti quanti, ma da qui ad alterare il concetto di tempo ce ne vuole. I motivi in realtà sono strettamente politici. Non nel senso dispregiativo che si usa oggi, ma in quello etimologico che si usava un tempo: una ragione interna, legata alle dinamiche interne di Città del Vaticano. Presto si sapranno i motivi dietro questa scelta di Benedetto XVI, quando però non è possibile stabilirlo (è il tempo ad essere calcolabile, non gli eventi). Per ora, in ottemperanza alla volontà di Dio, l’abdicazione resta imperscrutabile.

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