La tecnica del populista opportunista

Mauro Covacich sul Corriere della Sera di oggi (qui trovate la rassegna) fa una splendida analisi di un recente feed di Matteo Salvini su Facebook, questo qui:

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È stato postato il 30 giugno, commentando nello stesso giorno la notizia del ritrovamento del peschereccio con 30 morti in stiva. L’account di Salvini scrive con l’efficace tecnica comunicativa del populista opportunista, ovvero compiacendo apparentemente quanta più gente possibile, ma in realtà limitandosi a raccogliere consensi per la conservazione del partito, un partito che con pochi elettori è riuscito ad avere negli ultimi dieci anni un potere enorme. Il feed di Salvini, o di chi per esso, dimostra una certa abilità nel ponderare un linguaggio scandaloso, velenoso e bugiardo ma che, grazie alla forza della moderazione (non c’è una parolaccia) e dell‘“altruismo” (aiutiamoli a casa loro) vuole risultare convincente. Ecco l’analisi di Covacich.

«La nave sta entrando in porto con trenta persone soffocate nella stiva. Ad aspettarla sul molo ci sarebbero il primo ministro e il ministro degli Interni in maniche di camicia, imbrattati di sangue. Due complici presi con le mani nel sacco, è questa l’immagine evocata ad arte dal tweet di Salvini. Va detto subito che non è l’unico politico ad adottare questa tecnica comunicativa (benché i leghisti ne siano forse per tradizione i veri maestri). Nell’immaginario comune, essere scorretti significa innanzitutto non essere ordinari, polverosi, conformisti, filistei, significa parlare come si mangia, significa mostrare la propria irriverenza contro i dispositivi del potere e quindi non esserne parte. 
È una soluzione che ti compra subito: tutti noi amiamo pensarci come individui anticonformisti, uomini e donne “contro”. Ma si tratta di un equivoco. Non basta seppellire il politichese per diventare antagonisti, tutt’al più basta per diventare qualunquisti. La scelta sacrosanta di smettere il politichese, inteso come il linguaggio misterico dei privilegiati, non comporta per necessità il disprezzo della correttezza politica, anzi.
Forse questo linguaggio da teppisti ha fatto il suo tempo (tanti anticonformisti creano un nuovo conformismo). Salme, ebeti e tutti gli altri insulti della scorsa campagna elettorale non aiutano il rispetto. La vera trasgressione ora è tornare al politicamente corretto. Ecco un bambino portatore di handicap. Ecco una signora affetta da disturbi psichici. Ecco una ragazza di colore. Emerito ministro, lei secondo me si sbaglia. Eccetera eccetera. Quando tutto è in frantumi sono le parole a tenerci uniti. I sassi e le sassate non fanno che peggiorare la situazione. Il linguaggio è la casa in cui siamo nati, la nostra vera comune. Non ci vuole tanto a capire che bisogna averne cura».

Mauro Covacich, Il politicamente scorretto che ci rovina, Corriere della Sera di martedì 1 luglio 2014.

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Ovviamente Covacich non sta dicendo che lanciare sassi è controproducente in generale. Lo scrittore smaschera piuttosto uno pseudo anticonformismo che lascia ben poco spazio al cambiamento e molto al mantenimento dello status quo. Perché è dello status quo che si tratta ogni volta che c’è da lanciare una pietra. È in gioco il cambiamento, ovvero scompaginare i privilegi. Il conservatore, l’antagonista che impedisce la realizzazione di un progetto politico di emancipazione, si è appropriato di questo linguaggio, per questo è difficile essere anticonformisti oggi senza risultare conformisti. Così si crede di veder scagliare pietre, quando in realtà sono solo ami per raccogliere consensi.

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