L’estremismo dello status quo

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C’è un punto fondamentale da tenere presente nell’avanzata della destra in Europa (o della prossima ondata populista, fate voi).

Front Nazionale (Francia), Lega (Italia), Dansk Folkeparti (Danimarca), Vlaams Belang (Belgio), Alba Dorata (Grecia), Partito Nazional-Democratico tedesco (Germania), British National Party (Gran Bretagna). Questi sono la maggior parte dei partiti su cui si prevede una sensibile crescita del proprio elettorato.

Ebbene, non sono “anti-sistema”. Non sono antagonisti.

Cos’è il “sistema” in questo caso? E’ il mantenimento dello status quo, ovvero l’economia liberale fondata su un libero mercato finanziario poco regolamentato dallo stato. Liberalismo, dice il liberalismo, è il migliore dei mondi possibili perché ha vinto su tutti gli altri per forza, dinamicità e straordinaria adattabilità. Ed è tutto vero. Viviamo veramente un’era post- qualcosa.
Non c’è più alcun gioco politico, alcuna alternativa di pensiero, nessuna diversa concezione del lavoro tra il partito socialista di Hollande e quello nazionalista di Le Pen, né tra il PD di Renzi e Forza Italia di Berlusconi. Il mondo è davvero “mondializzato”, economicamente omogeneo. Così tutti i partiti europei, dall’estrema sinistra all’estrema destra, condividono da almeno vent’anni la stessa linea di pensiero: liberalismo, sempre e comunque.
Questo è il motivo per cui l’affermazione del Movimento 5 Stelle “non siamo né sinistra né destra” è molto potente. Da un lato è ovvia: caduto il muro di Berlino, quale partito può dirsi oggi orientato secondo i vecchi schemi di “sinistra” e “destra”? Dall’altro è un’affermazione dalla forte carica emancipatoria: come non credergli sulla parola? L’affermazione “né sinistra né destra” non è solo una semplificazione fuorviante, ma anche la manifestazione di una consapevolezza. Una consapevolezza che ho ritrovato soltanto nell’M5S di Grillo e nella Syriza di Tsipras. Quella consapevolezza che proprio il classico partito nostalgico di estrema destra non potrà mai dare: la consapevolezza del presente. Davvero viviamo in un mondo in cui le vecchie categorie politiche sono fuori tempo massimo.
Quello che è importante tenere presente quando si andrà a votare a maggio è che la scelta non è tra partiti moderati e movimenti populisti. Non è un’alternativa tra civiltà e barbarie, perché entrambe non offrono la benché minima alternativa allo status quo liberale, ad un’economia che la crisi sta solo rendendo più radicale, più estrema, più liberale, e che non riusciamo a non cambiare, o non vogliamo assolutamente cambiare, fate voi.

(“Non c’è crisi! Soltanto che l’economia non è stata ancora veramente liberale!”.)

Le derive xenofobe fanno paura ma avranno solo l’effetto di radicalizzare lo status quo con un pizzico di romanticismo fantasy. Non torneremo al totalitarismo, soltanto staremo un po’ peggio di adesso. Lo straniero che lavora per la ricchezza della nazione che lo ospita godrà sempre degli stessi diritti anche con Le Pen, perché tanto l’economia è tutta delocalizzata, i veri sfruttati stanno altrove, mica nel ricco e “multiculturale” occidente.
Per concludere. Votate chi volete, o scegliete di non votare, ma non crediate di star votando un’alternativa se mettete una x a mo’ di protesta, oppure se la mettete su un partito “tradizionale”.

(Oh, ridiamo del partito comunista e dei populisti, ridiamo finanche del concetto di “partito”, però al congresso del Partito Socialista Europeo e a quello del Partito Popolare Europeo non mancava nessuno!)

Nella foto, Marine Le Pen.

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