La campagna elettorale del Movimento 5 Stelle, inaugurata il 28 gennaio scorso con la tagliola della Boldrini e l’assalto ai banchi della Camera, si rivelerà un efficace e populistico tentativo per tenere a galla il movimento quanto più vicino possibile a quel sorprendente 25%. E’ la propaganda su cui per vent’anni ha speculato Silvio Berlusconi, ben consapevole che la maggior parte degli italiani legge pochissimo e si abboffa di televisione. Di fronte a un popolo così, non c’è niente di meglio che il vecchio populismo, che afferma: c’è un sacco di gente che non capisce un cazzo (quale sia non si sa), solo chi vota me sa magicamente di cosa ha bisogno questo paese. L’elettorato di Berlusconi e quello del Movimento 5 Stelle ragionano allo stesso identico modo: voi fate schifo, noi siamo il meglio, noi amore, voi odio, zi buana. Noi democratici, voi antidemocratici. E’ il messaggio che passa ogni volta che il leader parla, con un effetto reazionario più che rivoluzionario, che rimarca esattamente la figura del marchese del Grillo: ridicolizzo il sistema, ma mai e poi mai potrei metterlo in discussione. E’ il populismo utile a mantenere in piedi i movimenti che esplodono e si assestano, straripano e poi si ritirano tra gli argini di un più gestibile 10/15%. Ma prima di questo, bisogna affrontare le europee di maggio, bisogna essere pronti insieme alla Lega, al Front Nazional e ad Alba Dorata per prendere quanti più voti è possibile. O ora o mai più. Mi spiace mettere insieme M5S e fascisti, ma purtroppo il populismo è il procuratore in pectore dell’estremismo di destra.
In questa campagna elettorale che ci accompagnerà fino alle prossime elezioni politiche, passando per quelle europee, M5S seguirà il vecchio precetto illuminista: il volgo, il popolo, va guidato perché non capisce un cazzo (l’inesorabile conclusione è che, essendo tutti noi popolo, a non capirci niente sono anche quelli che ci tengono a sottolinearlo).
M5S è davvero qualcosa di assolutamente diverso. L’ho visto nella bellissima ingenuità con cui a febbraio dell’anno scorso i neo parlamentari si presentarono in streaming: belli, giovani, entusiasti e fieri. Ma per essere davvero un’alternativa politica (per essere quello che una volta si chiamava “l’avvenire”) deve liberarsi di Grillo e della sua propaganda. Lo so, è una contraddizione liberarsi proprio di colui che ha fatto arrivare questo partito al 25% (più di tutto, una campagna elettorale, lo Tsunami Tour, che resterà negli annali per velocità, brevità ed efficacia). Ma è proprio qui che risiede la forza politica e non solo comunicativa di un movimento. Ogni rivoluzione è un cambiamento che coinvolge attori e spettatori, indistintamente, e senza snaturare le intenzioni di fondo. M5S deve costituirsi, insomma, come alternativa politica nei fatti, al di là delle parole. Deve nascere qualcosa da dentro il movimento (i recenti timidi sussulti del sindaco di Parma sono un’occasione da prendere al volo), fuori dal controllo dei dirigenti. Se non succederà, se M5S non commette questo parricidio, si fossilizzerà nel proprio megafono e sarà inesorabilmente destinato ad assestarsi su un 10/15%, la quota che si aspettavano i dirigenti un anno fa e quella su cui Grillo sta puntando per rendere il movimento più stabile e gestibile.