Progetto Excelsior, il salto più alto del mondo.
Tra il 1959 e il 1960, con la scusa di testare il sistema “Beaupre”- il paracadute a più stadi – e il comportamento di un corpo in caduta libera ad altezze considerevoli, il militare Joseph William Kittinger II si gettò prima da 23, poi da 22, e infine da 31 chilometri di altezza. In orizzontale è una distanza raggiungibile da chiunque, in altezza significa stare nello spazio (anche se tecnicamente si è ancora abbondantemente nell’atmosfera terrestre) circondati da un cielo eternamente notturno e con una palla azzurra sotto i piedi.
Il 16 agosto 1960, nel suo ultimo tentativo, quello da record, Joseph si trovò davanti a un grosso problema: la sua mano. Mentre il pallone aerostatico saliva, l’aviatore la vide gonfiarsi all’inverosimile a causa di un piccolo squarcio nel guanto che fece incontrare improvvisamente la pressione esterna (bassissima) con quella del suo corpo. Non disse niente alla squadra che lo stava seguendo qualche chilometro più in basso: doveva farcela a tutti i costi. Saranno stati novantuno interminabili minuti di ascesa. Poi, arrivato all’altezza giusta per il lancio ne aspettò altri dodici a settanta gradi sottozero circondato da un silenzio unico. Raggiunto il punto di atterraggio saltò, mettendocene solo quattordici per arrivare a terra, toccando una velocità massima di 988 chilometri orari. Atterrato e raggiunto dalla squadra che lo attendeva, la prima cosa che Joseph fece fu accendersi una sigaretta.