Casey Stoner

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La particolarità del campione Casey Stoner è tutta in questa scelta. E’ un motociclista atipico. A 14 anni i suoi genitori decisero di ipotecare la casa e andare a vivere in roulotte per permettere al proprio figlio di correre. Non so quante famiglie di piloti hanno fatto questa scelta, ma sono sicuramente poche. Se non hai capitali da investire, in moto non ci vai. Rossi a 9 anni ha scelto le moto anziché le auto per questo motivo. Quasi tutti i campioni di questo sport hanno alle spalle un capitale, fatto di soldi e padri che hanno respirato questo mondo. Nella maggior parte dei casi i campioni della moto sono nati e cresciuti in questo mondo, vivono questo ambiente dentro e fuori la pista. Casey no, non ha mai ha fatto parte di questo mondo, però gli piace tanto guidare.

L’annuncio dell’abbandono di Stoner, a quattordici gare dalla fine e da primo in classifica, ridimensiona la mitologia di questi piloti, la loro glorificazione. Da pilota, Stoner non è diverso dai grandi della moto, partendo da Rossi, passando per Schwantz, Agostini, Lorenzo, Biaggi, Hailwood, Sheene, Spencer, Lawson, Rainey e Doohan. Hanno tutti in comune la capacità di guidare da dio, poi la differenza la fa il periodo storico in cui guidano, come lottano, come festeggiano, come comunicano. Ma non sono dei. Sono piloti, guidano molto bene, per questo vincono. Punto. E Stoner con questo addio ce lo dice chiaramente.