«Il linguaggio umano, rispetto a quello degli altri animali, non è interamente iscritto nel codice genetico, ma legato anche a una tradizione esosomatica. Il linguaggio avviene all’infante dall’esterno, storicamente, e se egli non è esposto al linguaggio entro una certa età, perde per sempre la possibilità di parlare. Ma per questo il linguaggio anticipa anche sempre il parlante, lo priva per così dire della sua voce (il linguaggio umano non è mai voce, come quello animale) e può diventare la sua prigione in una misura sconosciuta alle specie animali. Ma è anche la sua unica possibilità di libertà. Per riprendere l’immagine di Wittgenstein, l’uomo sta nel linguaggio come una mosca intrappolata nella bottiglia: quel che egli non può vedere è proprio ciò attraverso cui vede il mondo. Tuttavia la filosofia consiste appunto nel tentativo di aiutare la mosca a uscire dalla bottiglia, o almeno a prenderne coscienza».
Giorgio Agamben intervistato da Adriano Sofri, in Reporter, sabato 9/domenica 10 novembre 1985, pp. 33-33. (via)