Bannock, la nave che resiste ai tedeschi ma non alle amministrazioni comunali

La scoperta del porto di Napoli da parte del nuovo blog portonopeo inizia oggi con la storia della nave “Bannock”, ormeggiata da anni al molo 25 dello scalo campano, proprio davanti l’ex-granaio.

Come i lettori di portonopeo scopriranno, non si tratta dell’unica nave da tempo ancorata in condizioni critiche. Se oggi inauguriamo questo blog con questa imbarcazione è, da un lato, per via del suo glorioso passato e, dall’altro, per sollecitare il maggior numero di persone a seguire una vicenda curiosa e – purtroppo – non rara in Italia.
Andiamo con ordine.
La nave Bannock (così chiamata dal nome di una tribù pellerossa che nel 1878 dichiarò guerra agli Stati Uniti) è stata costruita nei cantieri americani “Charleston Shipbuilding and Dry Dock Co.” a Charleston in South Carolina. La nave è lunga 62,56 metri ed è larga oltre 11 metri; l’altezza d’immersione è di 4,1 metri.
Varata il 7 gennaio 1943, il 28 giugno dello stesso anno è stata affidata al comandante Sam Morgan della marina americana. Sino al marzo del 1944, quando si unì ad una flotta militare diretta in Gran Bretagna, la nave fu utilizzata per ricognizioni e operazioni di rimorchio in Brasile e nei Caraibi.
Giunta a Falmouth (Gran Bretagna), la Bannock partecipò all’organizzazione del D-day (6 novembre 1944) e, sebbene fosse capitata più volte sotto il tiro dell’aviazione tedesca, non riportò alcun tipo di danni; durante lo sbarco in Normandia svolse compiti di recupero e di salvataggio prestando supporto alle forze alleate. In seguito, la nave fu inviata nell’Irlanda del Nord per recuperare la “Nelson”, un’unità della marina americana gravemente danneggiata.
Il 26 agosto del 1944 la Bannock arriva a Boston e prosegue il suo viaggio verso Norfolk, in Virginia, dove ha svolto operazioni militari lungo la costa. Nel primo semestre del 1945 l’unità approdò prima a Pearl Harbor (23 gennaio) quindi prese parte alla campagna di Okinawa, dove giunse il 7 maggio. Subito dopo la sconfitta dei giapponesi, la nave ebbe compiti non più di supporto alle offensive militari ma di vera e propria occupazione.
Prima di tornare in America, nel maggio 1946 a San Diego in California, prese parte alla battaglia di Milne Bay (Nuova Guinea). Alla fine del gennaio 1947 fu spostata in Texas dove rimase per oltre quaranta mesi prima di riprendere il servizio militare nel 1951 sotto il comando di Wesley Dreman. In questo periodo, per quattro anni, la nave svolse operazioni di rimorchio (“towing operations”) sulla costa Atlantica. Nel 1955 fu nuovamente sollevata dal servizio e inviata nel Connecticut, a New London.
Grazie a queste numerose operazioni e al servizio reso, la nave ottenne tre medaglie: per la vittoria ottenuta nella seconda guerra mondiale, per la campagna di occupazione del Pacifico asiatico e per il servizio di sicurezza nazionale. Va inoltre ricordato che negli anni dell’esperienza e dell’utilizzo militare, tra il 1943 e il 1944, la nave era nota come Uss Bannock At 81, mentre dopo l’arrivo in Inghilterra divenne Uss Bannock Atf 81. Al pari di ogni altra imbarcazione della sua stessa classe, ovvero la “Navajo Class”, la Bannock aveva 85 uomini a bordo, di cui solamente 5 erano ufficiali.
A partire dagli anni ’60 inizia una nuova vita, smette di svolgere operazioni militari e passa a funzioni diverse. Nel 1962 risulta in affitto alla marina italiana, cui era stata concessa a condizione che svolgesse esclusivamente mansioni civili: da subito, quindi, le spettarono compiti scientifici di ricerca oceanografica e nel 1977 è cancellata dal registro delle navi della marina americana, istituito nel 1951.

J.J. Cousteau (primo a sinistra) visita la Bannock

Come si è detto, la nave viene subito impiegata per tali attività e l’OGS se ne serve, più volte, per crociere di batimetria, geomagnetismo, gravità sismica e oceanografia nel Mediterraneo.
Il primo maggio del 1979 viene definitivamente acquistata dal Consiglio Nazionale della Ricerca (C.n.r.) e nel 1992 ottenne la sigla identificativa C.P. 451 (risultava assegnata alla Capitaneria di Porto di Gaeta).
Durante tutto questo periodo la nave continua le sue ricerche, partecipando anche a eventi di straordinario interesse. Nel 1981 con la Bannock vengono infatti realizzate numerose immersioni straordinarie sui banchi rocciosi sommersi del Canale di Sicilia: tra questi, anche il cosiddetto “Banco Graham”, che è quanto resta della famosa isola “Giulia Ferdinandea”, sorta dalle acque durante un’eruzione sottomarina nel luglio del 1831, e riassorbita totalmente dai flutti appena sei mesi dopo. Le operazioni, che avevano già impegnato la “Bannock” nel 1972, conducon a risultati straordinari e perfettamente documentati (qui una testimonianza di Paolo Colantoni, responsabile della documentazione fotografica).
Ma c’è anche molto altro. La nave viene infatti utilizzata anche nell’ambito delle operazioni di ricerca del Dc-9 di Ustica, dove contribuisce in maniera significativa al recupero della fusoliera; alcuni libri dedicati alla ricostruzione del disastro aereo in cui persero la vita 81 persone riferiscono che, durante le operazioni di ritrovamento dei relitti, la Bannock aveva ricevuto le coordinate sbagliate. Ciò nonostante, come sappiamo, è riuscita nell’impresa.
Nel 1983, nel corso di campagne di geologia marina (“Biodeep”) nel Mediterraneo orientale, la nave oceanografica olandese Tyro e la nostra “Bannock” scoprono due bacini anossici riempiti di acqua soprassalata, a circa cento miglia a nord delle coste libiche. Ad oggi, il lago “Bannock” risulta essere il lago più profondo con il più alto grado di salinità. Vi sono infatti numerose pubblicazioni su riviste americane che, in base alle particolari condizioni del lago, intendono verificare alcune ipotesi di vita extraterrestre.
Nel 1991 la “Bannock” è impegnata in molte ricerche in Sicilia e poi in Sardegna con le operazioni “Isole Circumsiciliane” , “De Profundis 91” e “Bonifacio 91”.
In una delle ultime operazione di ricerca effettuate erano impegnate ben 34 unità. La ricerca, Pelagos 2000, si è svolta nelle aree marine protette della Sardegna (Capo Carbonara- Villasimius – l’arcipelago di la Maddalena e l’isola dell’Asinara) con la collaborazione di diverse università italiane (Padova, Cagliari, Roma Tor Vergata) e ha avuto ad oggetto la formazione di una specifica documentazione relativa a tutte queste zone.
Ancora nel 2000 la “Bannock” è diventata protagonista di una nuova esperienza: a partire dal mese di settembre la nave gira i principali porti italiani sul Tirreno portando libri di mare.
Con l’inizio del nuovo millennio, nel 2002, attraverso un decreto ministeriale, è stata disposta l’eliminazione della sigla “CP451” dal registro del naviglio militare ausiliario e sono state cancellate la livrea “Guardia Costiera” e il numero identificativo dell’unità.
Nel marzo 2005 l’Istituto Tecnico Nautico “F. Caracciolo – G. da Procida” di Procida ha ricevuto in donazione dalla Capitaneria di Porto la m\n “Bannock”. L’accordo tra la Scuola e la Capitaneria rientra in una serie di donazioni con cui quest’ultima ha potuto trasferire la proprietà di navi – non più in uso – a soggetti almeno potenzialmente in grado di inserire le stesse in programmi culturali.
Nel concreto rapporto tra Capitaneria di Porto di Napoli e la Scuola Caracciolo il comune di Procida ha giocato un ruolo decisivo. E’ stato proprio il Comune a suggerire il passaggio della “Bannock” al liceo procidano e la stessa Amministrazione civica si è poi assunta praticamente tutti gli obblighi di gestione, tra cui anche il compito di spostare la nave nel porto procidano. Lo stesso comune ha ottenuto dei fondi europei per il miglioramento delle condizioni della nave (considerato anche il fatto che non più in grado di svolgere navigazione di lungo raggio) e per le necessarie modifiche del porto. Più precisamente il progetto di cui è responsabile l’Ente Patrocinante e gestore della nave, appunto il Comune di Procida, prevede la trasformazione della nave in un museo e in un centro polifunzionale. Tale trasformazione avrebbe così permesso l’inserimento della “Bannock” nel nuovo parco marino “Regno di Nettuno”.
Così non è stato.
Oltre a delle problematiche geologiche che hanno impedito la modifica del porto nel senso auspicato, l’Amministrazione civica non ha poi realizzato a fondo i lavori di manutenzione e di ripristino della nave. Al momento, insomma, l’obiettivo assunto dal Comune di Procida di portare la gloriosa nave oceanografica nel porto dell’isola per trasformarla in nave-museo e in un centro di riferimento per studenti e turisti è incompiuto e la nave versa in uno stato di effettivo abbandono nel porto di Napoli.
Di recente, la Capitaneria del Porto di Napoli ha addirittura intimato il Comune di Procida di sgomberarla dal molo 25 ma, attualmente, lo stesso Comune non ha ancora provveduto alla custodia o alla rimozione, lasciando in uno stato critico la storica nave. Parte dell’attrezzatura interna risulta rubata e i lavori di manutenzione si annunciano numerosi.
Ciò che non hanno fatto guerre o missioni esplorative pericolose, sta riuscendo alla pubblica amministrazione nostrana. L’inerzia e il disinteresse sono più forti di qualunque aviazione nemica. In spregio al grande passato della nave, militare e scientifico, la nostra classe dirigente non sembra in grado né di curare in maniera adeguata un bene così ricco e particolare né di sfruttarne le ancora vive e presenti potenzialità culturali. Una nave che ha contribuito attivamente allo sbarco in Normandia e che, specialmente, è stata protagonista di ricerche scientifiche le cui implicazioni devono ancora esaurirsi, non merita questo destino.
SALVIAMO LA “BANNOCK”. Portonopeo invita tutti gli interessati a seguire le evoluzioni della vicenda, a scrivere al Comune di Procida affinché si assuma le proprie responsabilità e si attivi dopo anni di inerzia, a diffondere la storia della nave e a partecipare a questo blog per individuare e proporre possibili soluzioni e compiti nuovi per la nostra, grande e bella Bannock.

Fonti:
– La pagina del DANFS sulla Bannock.
– La pagina di wikipedia sul Dictionary of American Naval Fighting Ships, vera bibbia della marina americana
– La scheda tecnica della nave.
– La classe Navajo.
– Il lancio dell’agenzia Ansa relativo alle implicazioni della scoperta del lago “Bannock”.
– La scheda relativa al progetto europeo, di cui è gestore il Comune di Procida, per la trasformazione della nave “Bannock” in un polo museale-scientifico.
Video di Procida Tv con intervista all’Assessore responsabile, pubblicato su youtube nel febbraio 2009.

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One Comment

  1. Ho avuto l’onore di salire a bordo della Bannock, purtroppo solo in porto a Sorrento e non in crociera, e devo dire che tra le tante vergogne italiane di questi anni quella della Bannock, pur essendo minore, è senz’altro emblematica.

    La nave è (o devo dire “era”?) dotata di tecnologia e strumenti importanti, probabilmente rovinati dall’abbandono; era un fiore all’occhiello dell’attività di ricerca e ho avuto modo di vedere documentata la crociera sul Banco Graham grazie alle foto del famoso foto-giornalista subacqueo Guido Picchetti.

    Non ero al corrente delle ultime vicende della nave, un giorno passando nel porto di Napoli il mio sguardo è caduto su quella forma indimenticabile e ho riconosciuto subito la Bannock. Poi anche io mi sono dimenticato della cosa e solo ora, rivedendo le foto di Guido Picchetti ho pensato di cercare notizie riguardo la nave ed eccomi qua.

    Spero che il destino della Bannock possa essere diverso da quello attuale, che non giaccia più inutilmente abbandonata all’ormeggio di un molo.

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